CINQUE OPERE D’ARTE SI NASCONDONO…
Gli artisti hanno prodotto cinque opere all’interno di uno spazio immerso nella natura e raggiungibile solo camminando.

Marianna Piccini
Senza Titolo. L’opera è realizzata con bioplastiche autoprodotte dall’artista, estratte dai colori naturali della vegetazione del bosco circostante la Grotta delle Fate. È composta da pannelli colorati sapientemente assemblati e rappresenta un portale fisico e simbolico tra il mondo umano e quello vegetale. Con giochi di luci e trasparenze, l’opera si integra armoniosamente nell’ambiente naturale, creando una congiunzione che rispetta e valorizza il paesaggio circostante.
Marianna Piccini. Dopo aver frequentato il liceo artistico, si è iscritta all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove ha iniziato a lavorare con tessuti e tinture naturali, mantenendo la natura come tema centrale nei suoi lavori. Nel 2021 ha completato il corso triennale e si è iscritta al biennio in Nuovi Linguaggi Espressivi con indirizzo Decorazione, che sta attualmente frequentando.
Enrico Budri
Senza Titolo. L’opera rappresenta una potente allegoria delle leggi, evidenziando sia la loro funzione protettiva che la fragilità. Attraverso l’uso di elementi come filo spinato, ricci di castagne e aculei, l’artista ha creato una cintura spinata attorno a un albero. Questa recinzione, che rimane parzialmente aperta, simboleggia la protezione e la difesa del corpo fragile dell’albero. Le spine, metafore delle leggi, proteggono ciò che è delicato e vulnerabile. Comprendendo e rispettando il loro significato, si accede a uno spazio intimo e sicuro, sia fisicamente che spiritualmente.
Enrico Budri. Frequenta attualmente il Biennio in Nuovi Linguaggi Espressivi presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ha esposto le sue opere in diverse mostre collettive, premi, fiere e biennali. Si autodefinisce come una sorta di “feticista del no sense”, riflettendo su concetti quali le leggi, le politiche e l’immagine.


Sebastiano branca
Senza Titolo. L’intervento dell’artista ruota attorno al concetto di frana, interpretato sia come evento storico che come simbolo. L’opera mira a evocare in chi guarda ed esperisce il luogo una sensazione di complicità e presenza, instaurando un profondo legame con il territorio. L’artista desidera abitare il luogo in modo discreto e non invasivo, invitando il pubblico a sentirsi parte integrante del paesaggio e della sua storia.
Sebastiano Branca. Ha frequentato il triennio al corso di Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Catania dove si è dedicato alla ricerca sui materiali classici e industriali, sperimentando nuove metodologie espressive. Trasferitosi a Firenze, si iscrive al Biennio dell’Accademia di Belle Arti, nel corso Nuovi Linguaggi Espressivi con indirizzo Scultura, approfondendo l’installazione, la fotografia e la performance.

Innesti Eteroboschivi Autoantropici.
La stanzialità e l’apparente immobilità delle piante le distinguono dagli animali. La loro vita è incomprensibile agli esseri umani, poiché manca di organi specializzati e movimento, elementi vitali per noi. Questa visione antropocentrica porta all’umanizzazione idealizzata della natura, proiettando qualità umane sul mondo vegetale. Riconosciamo le piante solo quando ci ricordano noi stessi, rivelando un narcisismo latente. Il duo Scartoni/Donati,
partendo da queste premesse, presenta dispositivi ironico-ludici che riflettono sull’antropizzazione emotiva della natura, includendo vegetazioni ad alimentazione elettrica che compiono movimenti ripetitivi e inutili.
Scartoni/DONATI
Scartoni/Donati. Si sono laureati in Decorazione e Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove attualmente frequentano il biennio di Nuovi Linguaggi Espressivi. Da marzo 2022, collaborano a progetti sperimentali che esplorano il rapporto tra l’abitante e la città, utilizzando l’intermedialità dei linguaggi. Questi progetti includono la decontestualizzazione di pratiche relative ai rapporti umani e indagano su come lo sguardo possa cambiare la percezione dello spazio
urbano.
matilde lezzerini
Thìpi. Utilizzando una varietà di oggetti e materiali naturali, l’artista indaga il concetto di casa e rifugio vegetale. Il processo creativo si è articolato in due fasi principali: una fase iniziale di esplorazione e raccolta, seguita da una fase di accurato assemblaggio. Collocandosi a metà tra l’artificiale e il naturale, la costruzione di queste abitazioni rappresenta per l’artista un gesto di cura e partecipazione con il mondo vegetale.
Matilde Lezzerini. Ha frequentato il liceo artistico e successivamente si è iscritta al triennio di Decorazione presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove attualmente sta proseguendo gli studi nel Biennio di Nuovi Linguaggi Espressivi.
